Tortine ortiche e ricotta

Bucatini funghi-acciughe

Spiedini di anguilla

Mazzacorde

Salsiccie

Funghi

    La cucina calabrese

La storia e la geografia della Calabria, hanno fortemente influenzato la cucina della regione, caratterizzata da essenzialità, semplicità e povertà, ma che nel tempo ha sempre conservato sapori ed aromi forti e unici, oggi valorizzati da un recupero delle tradizioni gastronomiche.
La tecnica della conserva, appresa e praticata dalle donne di casa durante la colonizzazione greca e fenicia, consente di mantenere il gusto dei cibi nel tempo, e renderli disponibili nell’arco dell’intero anno, per far fronte ai periodi di crisi, causati dalle condizioni climatiche, e dalla conformazione geografica di alcune zone, particolarmente isolate nella stagione fredda. Tuttora si pratica la conservazione sotto sale o sotto aceto, oppure utilizzando l’olio o lo strutto: accade per la carne di maiale, gli insaccati, e alcune varietà di verdure come le olive, i peperoni, le melanzane e i pomodori, dopo che hanno subìto l’esiccazione al sole. E’ tradizione bizantina invece l’esiccazione del pesce, in particolare delle acciughe. In passato era più frequente anche la lavorazione delle erbe selvatiche, usate durante l’inverno per imbottire il pane (come l'ortica e la masciuscia, una sorta di piccola zucca rampicante).
Dai monaci di Basilio, i calabresi apprendono le tecniche per ottimizzare la lavorazione della terra, con enorme vantaggio sulla qualità degli ortaggi coltivati, ed anche sulla produzione della carne d’allevamento, in prevalenza capre e suini, di cui si comincia ad apprezzare e utilizzare ogni parte, ad evitare sprechi. Anche le interiora, inizialmente oggetto di riti religiosi sacrificali, vengono in seguito consumate nel soffritto, e ne derivano piatti tipici come le mazzacorde con patate, una sorta di involtino; il sangue del maiale è invece utilizzato per realizzare dolci.
Gli Arabi portano in Calabria le melanzane e la pasta bucata, chiamata maccaruni, serviti ancora oggi con le purpette o con gli iaccatieddri (rispettivamente polpette e zucchine fritte aromatizzate alla menta); anche la gastronomia albanese ha lasciato la sua impronta: cipolline selvatiche con il pangrattato e il peperoncino, pasta e fave, il succo di miele e limone.
Fino a trenta o quarant’anni fa, il pane si faceva in casa, con farina di grano duro e cottura nel forno a legna di famiglia: con gli avanzi del pane si preparavano, e in alcuni piccoli paesi si preparano tuttora, le buonissime pitte, condite con olio, origano ed eventualmente pomodoro.
Era anche abitudine che ogni famiglia allevasse almeno un maiale, che consentiva una scorta di cibo per l’inverno e la sua macellazione, di solito in occasione del Carnevale: era pretesto per cenare in compagnia di amici e parenti, tradizione tutt’oggi praticata.
Anche l’abitudine a raccogliere e consumare i funghi proviene dalla storia, ed in particolare è ripresa dalla cucina greca e romana, che considerava i funghi come cibo riservato all’imperatore: la Calabria offre porcini, chiodini, rositi e ovoli particolarmente prelibati, che rappresentano un forte richiamo al turismo gastronomico.
Circa la tradizione vinicola, la coltivazione della vite è di origine molto antica, tanto che la Calabria era chiamata Enotria, terra del vino: tra i più importanti il Cirò, il Bivongi, il Savuto e il Pollino, senza dimenticare i vigneti innestati da uve francesi e spagnoli per l’Alicante e il Bordeaux.